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Il sistema pensionistico italiano, plasmato da decenni di riforme e adattamenti socioeconomici, rappresenta un complesso mosaico di protezioni sociali. Organizzato attorno a tre pilastri fondamentali – pubblico obbligatorio, complementare collettivo e individuale – il modello italiano si distingue per la sua articolazione tra garanzie statali e integrazioni private. Questo articolo esplora le diverse tipologie pensionistiche, i meccanismi di calcolo e le criticità emergenti, offrendo una guida aggiornata al 2025.
Il primo pilastro, gestito dall’INPS e dalle Casse Professionali, copre il 77.2% delle prestazioni erogate, applicando il principio della ripartizione: i contributi correnti finanziano le pensioni attive. Questo sistema, che nel 2023 ha assorbito il 16.2% del PIL, garantisce prestazioni obbligatorie per vecchiaia, invalidità e superstiti, differenziate per categorie lavorative attraverso codici identificativi (es. VO per i dipendenti privati, VOART per gli artigiani)
Il secondo pilastro, costituito dai fondi pensione chiusi negoziati a livello contrattuale, interessa il 12% della forza lavoro. Limitati a specifiche categorie (es. metalmeccanici, dipendenti pubblici), offrono costi gestionali inferiori (-0.8% rispetto ai fondi aperti) e contributi datoriali obbligatori (fino al 3.2% della retribuzione)
Il terzo pilastro, rappresentato da fondi aperti e PIP (Piani Individuali Pensionistici), completa il sistema con soluzioni personalizzabili. Nel 2025, il 23% dei lavoratori autonomi ha aderito a questi strumenti, attratti dalla flessibilità contributiva e dalla tassazione agevolata (15% vs 23% IRPEF)
Il sistema retributivo, applicabile a chi ha ≥18 anni contributivi pre-1996, calcola la pensione sull’80% della media retributiva degli ultimi 10 anni. Un dipendente con €30,000 di stipendio medio ottiene così €24,000 annui.
Il sistema contributivo, obbligatorio dal 2012, basa l’assegno sull’accumulo dei contributi rivalutati al tasso PIL (2.1% nel 2024). Un montante di €200,000, moltiplicato per il coefficiente di trasformazione a 67 anni (5.2%), genera €10,400 annui – circa il 63% dell’ultimo stipendio per un reddito medio
Con un indice di dipendenza di 1.7 lavoratori/pensionato6 e proiezioni di spesa al 17.9% del PIL entro il 2035, il sistema affronta pressioni demografiche senza precedenti. Le ultime misure includono:
Il percorso verso l’equilibrio pensionistico richiede sinergie tra interventi strutturali – come l’innalzamento a 70 anni dell’età effettiva di pensionamento – e politiche attive del lavoro. L’integrazione tra primo pilastro e fondi negoziali, oggi coperta solo dal 34% dei lavoratori rappresenta la chiave per garantire tassi di sostituzione adeguati alle future generazioni.